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mercoledì 29 febbraio 2012
giovedì 16 febbraio 2012
Fermo
li 30 giugno 1792. l’Arcivescovo di Fermo così scrive nella sua
lettera di istanza:
Eminentissimo
e Reverendissimo Pre Colendissimo,
la
rispettosa istanza, che a pié dell’Augusto Trono è stata inviata
al Santo Padre dal Priore e dai Canonici di Santa Vittoria, terra di
questa mia Diocesi, onde vedere innalzata la loro chiesa Collegiata
in Basilica Minore, non può da me essere considerata se non in
aspetto favorevole, siccome tendente al maggior culto ed alla
maggiore onorificenza di una Chiesa che fra le altre della stessa mia
Diocesi si è sempre contraddistinta con le più rimarchevoli
prerogative. Essendo di origine antichissima, sin dai primi lustri
del secolo X, possiede essa il Corpo di S. Vittoria Vergine e Martire
Romana, il di cui nome per le grazie e miracoli, che tutto dì
ricevono i popoli anche lontani, è stato donato alla terra stessa,
che come Protettrice l’onora in un nuovo Tempio pregevolissimo per
la sua eleganza, e per la sua magnificenza.
Non
solo nella terra di S. Vittoria, ma in più altre ancora della
Provincia ha esercitato questa Chiesa il Diritto di erigere Chiese ed
Ospedali, di conferire, istituire, e visitare parrocchie, Canonicati
e Benefici, non che di giudicare le cause Ecclesiastiche e
Beneficiali sino a quando è stata governata da Monaci Benedettini
dipendenti allora dal celebre Monastero di Farfa: onde fu che di
siffatte preminenze acquistasse essa il titolo di Cattedrale, siccome
leggesi in qualche Pergamena conservata tuttora nel suo Archivio.
Nell’erezione che ne fu fatta in Collegiata non perdè essa punto
del suo lustro, avendo a Lei la Santa Memoria di Urbano VIII serbate
intatte le onorificenze e i privilegi tutti quanti che da Lei si
godevano nello stato di Chiesa Regolare: e se quel Capitolo non ha
goduto il jus quasi episcopale che avevano i Monaci di S. Benedetto
reggendo quella Chiesa, ha però continuato ad esigere gli antichi
canoni da quaranta e più fra Chiese e Benefici: altri posti nella
Diocesi Fermana, altri nell’Ascolana ed altri in quella di
Montalto, sino al punto che la Chiesa stessa, di smembrata dalla
Giurisdizione Farfense, fu assoggettata a quella dell’Arcivescovo
di Fermo dall’Immortale Pontefice Benedetto XIV, e vi sono ancora i
beneficiati e Mansionari di suo patronato eretti nella sua Chiesa
Collegiata; senza che io dica della Matricità troppo cospicua e
dell’antichissimo suo diritto di precedere ad ogni altra Chiesa del
luogo.
Oltre
a ciò la terra di S. Vittoria è una delle più ampie, più ben
fatte e cospicue della mia Diocesi. I soi cittadini vivono con decoro
ed il solo esercizio dei primi gradi di onore di quella Magistratura
ha fatto prova di una Nobiltà bastante per l’ammissione all’Ordine
Equestre dei Santi Maurizio e Lazzaro. La sua popolazione è
sufficientemente numerosa, né manca d’artieri e fondachi, né di
Monasteri d’Istituto Regolare, dacché ne ha cinque, compresi due
di Monache.
Come
che per altro sia meritevole per tanti riguardi la Chiesa di Santa
Vittoria di venir decorata del Titolo di Basilica Minore, nonostante
è giusta cosa, che una tale onorificenza le si accresca senza
discapito, anzi salva in ogni sua parte la giurisdizione che ha sulla
Medesima l’Arcivescovo di Fermo, ed al Clero Urbano di ogni atto,
che dovessero venire insieme.
Stante
ciò neppure io dissento, che il Priore e canonici della Detta Chiesa
sian graziati dell’Indulto, del Zucchetto con maniche, e mozzetta
di seta pavonazza nella guisa che da essi s’implora dalla clemenza
del S. Padre.
Nel
momoriale che riverentemente ritorno, nel punto che pieno di
rispetto, e di ossequio profondo mi inchino umilissimamente.
Di
Vostra Eminenza
domenica 12 febbraio 2012
DESCRIZIONE
DEL MONASTERO FARFENSE
Tratta da “Santa Vittoria
Astro dello Stato Farfense” (di Giovanni Settimi)
(...) Era lunga palmi romani
180 e larga 70; misure che ridotte a metri, dicono circa 45 per 18.
Divisa in tre navi,
quella mediana doveva misurare palmi 30, pari a mt. 7 circa. Una descrizione
assai particolareggiata la troviamo nell’Inventario del 1771: allora era ancora
in piedi, ma era già stato stabilito di demolirla.
Seguiamo quel documento,
riducendolo a forma schematica:
NAVE DI MEZZO: Copertura a tavole,
lavoro eseguito da Giuseppe e Antonio Taliani, maestro d’ascia, e dipinte da
Saverio Pica, di Ascoli, nel 1699.
A CAPO: vi è il Presbiterio, che “…sta elevato dal piano
della chiesa due gradini… sopra il Presbiterio vi è un Cappellone corrispondente
in lunghezza (?) e larghezza alla prima nave della Chiesa, ornato di varie
statue di stucco e intagli a più ordini, rappresentati l’antiche figure
dell’Eucaristico Sacramento nel Vecchio e nel Nuovo Testamento. Quivi ha
sin’ora officiato il Capitolo che ha i suoi stalli in numero 17…”
È evidente
l’identificazione di questo “Cappellone” con quello che conserviamo. Qui
precisiamo che le pitture sono dovute a Francesco Braschi, eseguite nel
1658-59. Ma ci poniamo questa domanda: questo Cappellone faceva proprio parte
della nave antica di mezzo, o non sarà piuttosto un’aggiunta posteriore? Forse
in ultimo avremo elementi nuovi per suggerire una probabile risposta.
L’inventario del 1765 ci
fa sapere che “nel
mezzo del Cappellone è chiusa con una lapide la Bocca del cimitero…”
“Le colonne, che nella Chiesa sono sei, e delle
quali cinque hanno l’apparato, avendo una il pulpito (altrove dice: è in mezzo
alla Chiesa, dal corno del Vangelo), sono coperte di un telo rosso e di due
mezzo zalli, lunghi braccia tre e mezzo…”
“Nei piani sopra gli archi della nave, e
precisamente fra il Presbiterio e l’Altare di S.Giovanni Battista dal corno del
Vangelo e del S.Rosario dal corno dell’Epistola, l’apparato di nove teli…”
IN FONDO: “…si
scende per mezzo di tre archi e di cinque gradini nel sotterraneo ove ha
riposato sin qui il Corpo della nostra Santa. Il campanile sta elevato sopra…”
“Io sono stato a misurare l’altezza del muro che è
dietro l’altare di S.Vittoria, che tra l’altare et il muro c’è la cassa dove
per quel che intento, giace il Corpo di S.Vittoria: il quale muro è verso
levante, e sopra sta alla terra in modo che li fondamenti di detta muraglia
quasi sono al piano de li tetti delle case, in modo tale che subito che leva il
sole batte nella detta muraglia, non solo al pari del piano della detta
cappella di S.Vittoria, ma anche al basso, nella strada per la quale si entra
in quella porta principale.”
NEL SOTTERRANEO: vi erano tre altari:
nel mezzo quello di S.Vittoria, dinanzi all’Arca all’Arca; la “Disputa” di Nostro
Signore a sinistra e delle Reliquie a destra. Le pareti erano tutte affrescate
con episodi della vita di S. Vittoria e della Traslazione delle sue Reliquie.
NAVE SINISTRA
A CAPO: (dunque dalla parte del Presbiterio e del
Coro) “Un
piccolo Cappellone detto dei Santi Innocenti, perché raffigurante con pitture
alle pareti il mistero della loro strage; ed in esso era l’altare tutto posto
in oro della Santissima Vergine della Pace, poi trasportato in S. Maria della
Valle”. Anche qui è evidente l’identificazione col resto
che conserviamo. Ricordiamo però che tale Cappellone affrescato da Giacomo da
Campli nel 1470, è “gotico” e su una lesena del muro della nave principale è
incisa la data 1368: il che insinua che questo Cappellone sia stato costruito
in quest’epoca, addossato al “Cappellone” più grande. Probabilmente in parte
“sopraelevato” alla nave antica.
IN FONDO: a questa nave vi è una porta che per una
scalinata lunga tutta l’estensione del sotterraneo e posta fuori i ricinti
della Chiesa, conduce ad un’altra riguardante la strada per cui s’apre
l’ingresso rispettivamente e l’uscita della Chiesa.
In questa nave sono gli
altari dell’Addolorata di S. Antonio Abate e di S. Giuseppe tutti con cappella
di legno dorato, stucchi, quadri, ecc..
A CAPO: di questa nave medesima, e precisamente tra
il Cappellone dei SS.Innocenti e l’Altare della Santissima Vergine Addolorata,
per una porta si va in sagrestia. Innanzi alla sagrestia, per una scala si sale
alle stanze canonicali fabbricate e servite un tempo ai Padri di S. Benedetto
ecc.. Non possiamo più dubitare della posizione del monastero. Era a sinistra,
della Chiesa. E il Volume XXII, pag. 215 lo descriveva a levante, e a sinistra
lo pone anche l’inventario 1765.
Segue ampia e
particolareggiata descrizione, la quale ha servito di guida all’Ing.
G.Chiuccarelli per la sua ricostruzione, che gentilmente ci ha permesso qui
pubblicare: del che sentitamente lo ringraziamo.
NAVE DESTRA
A CAPO: vi è una porta grande e principale della
Chiesa, ornata di marmi lavorati ad intagli di scelta manifattura.
“Sopra la medesima vi è un cappellone coll’altare
dedicato a Gesù Cristo Crocifisso; sotto la descritta porta vi è l’altare di S.
Gregorio; sotto il medesimo ve n’è un altro detto di S. Filippo.
Trascrivendo le osservazioni di un nostro cronista
dei primi dell’ottocento, particolarmente riguardo alla Torre:
“Pietro abate fabbricò il Castello ed in esso un
oratorio o chiesa in cui fu sepolto e la sua torre non era che un antico
baluardo, nella cui parte inferiore vi era una cappella in cui riposavano le
Sacre Reliquie di S.Vittoria. Probabilmente questo era l’oratorio fabbricato
dall’abate Pietro, poiché in detta torre o baluardo, nella parte superiore vi
era il Coro, l’organo e l’altare maggiore: e ciò durò sino al principio del
secolo scorso, quando si cambiò aspetto alla Chiesa, e detto baluardo che prima
era, diremo, principio, poi era sul fine, e il coro e l’altare maggiore fu
trasferito in quella parte della chiesa antica che ancora rimane ridotta in una
chiesuola detta della Resurrezione”.
Il che concorda con quanto lo Schuster scrive a
proposito dell’oratorio e della torre di Farfa:
“Non è molto che abbiamo potuto riconoscere questo
famoso oratorio, nell’interno stesso del campanile di Farfa: un torrione
quadrato e massiccio. Esso è diviso in due piani con una volta a crociera:
l’inferiore comunica col presbiterio della Basilica per mezzo di un
cripto-portico, venendo quasi a formare una cripta sotto un primo oratorio
eretto nel piano superiore”.
Il nostro cronista dice altrove:-
“Sopra la detta Cappella di S.Vittoria vi era
anticamente l’altare maggiore, a cui si saliva dalla Chiesa per mezzo di due
scale poste lateralmente”: ci richiama la cella di S.Maria in Pede Clentis, che
tante relazioni ebbe con Farfa e con S.Vittoria. e ci fa pensare che in origine
un’unica entrata era nella Torre, da cui si passava al Presbiterio e alla
Chiesa, e al monastero. Pietro aveva costruito un castello monastero di difesa
per quei tempi di invasioni barbariche.
Troviamo nel testamento di Anselmo da Smerillo,
ben noto ai suoi tempi, steso il 2 luglio 1276 a fianco del suo letto,
ove giaceva ormai infermo di corpo ma sano di mente, e disposto a deporre la
preda, che lascia “cento soldi volterai per le mura della Chiesa di S.
Vittoria” pro muris ecclesiae Sanctae Victoriae.
Non si sarà di quei tempi elevato il “Cappellone”
che ancor oggi rimane, e aperta quella “porta principale adorna di marmi” sulla
nave destra, di cui si è parlato?
Nel 1368 gli si sarebbe addossato il cappellone
degli Innocenti, e del Crocifisso…nel secolo XIV altari e cappelle a diecine,
dentro e fuori “…talché cambiò l’antica sua figura”, come conclude il cronista
del miscellanea XX.
sabato 11 febbraio 2012
Preghiera a Santa Vittoria
(da un antico manoscritto medievale)
in nostra fortes irruunt da dexteram Victoria.
Quae Trebulensi coetui lumen dedisti fidei
non trahat error impetra de veritatis semita.
Quae in valle fletus virgines spe sociasti gaudii
non reddat hostis invoca promissionis anxios.
Quae charitate saucia Cor icta divo es vulnere,
non ensis ora separet a Summi amore Numinis.
Cadunt superba saeculi, et conterantur culmina
ut cecidere hostilia quae te necarunt proelia.
Et novo, dona, ut emicent ara tronusque lumine,
tui triumphi meritis tuique amictus candidi.
Omnis Sacerdos lateri et Caesar orbis imperent
nectat et omnes unicum pacis supernae vinculum.
Praesta, beata Trinitas; concede, simplex unitas,
quae poscimus Victoria Te deprecante munera.
Tibi Patrique canticum Sanctoque da Paraclito
Celesti in aula dicere per omne semper saeculum.
Amen.
Traduzione
O Sposa del Re dei Re, Vittoria, volgi dal cielo
il tuo sguardo: contro di noi insorgono i nemici,
tu dacci forza contro di essi.
Tu che accendesti il lume della fede nel popolo di
Trebula, non permettere che l'errore ci tragga dalla via della verità.
Tu che in questa valle di pianto stringesti a te
d'intorno un coro di vergini con la speranza dell'eterna felicità, fa che il
nemico non ci impedisca di raggiungere il premio promesso.
Tu che il cuore acceso di carità avesti squarciato
da una ferita di divino amore, non permettere che la spada ci separi dall'amore
di Dio.
Cadano le grandezze del mondo e siano calpestate
le sue vanità come passò l'empia persecuzione che recise il tuo corpo.
Concedi che l'altare e il trono siano ancora
onorati, pei meriti del tuo trionfo e della tua immacolata purezza.
Reggano il mondo il Sacerdozio cattolico e la
civile autorità e tutti siano stretti nel sacro vincolo della pace.
O Dio, Uno nella divina Natura e trino nelle
Persone, concedi le grazie che ti chiediamo per l'intercessione di Vittoria.
Amen.
venerdì 10 febbraio 2012
I FARFENSI SUL MATENANO
La forza bruta si rovesciò contro l’idea Cristiana, che ferveva nel cuore d’una Vergine.
La forza bruta si rovesciò contro l’idea Cristiana, che ferveva nel cuore d’una Vergine.
La Vergine cadde, ma non si piegò; il sangue
fu seme; la favilla, incendio. E l’Eroina s’aderge in cielo col
giglio del candore e la palma del martirio sopra infinite schiere di
giovani nei secoli affluenti.
Monaci
fuggiaschi dinanzi all’irrompere della barbarie saracena, spossati
il corpo dal lungo peregrinare, stanchi lo spirito dalla angosciosa
tristezza dei tempi, giungono finalmente sul Matenano.
I nuovi eneidi
potranno finalmente sostare.
La basilica distrutta ai piedi
dell’Acuziano rinasce sullo storico monte, cullata dall’Aso e dal
Tenna.
Nella
roccaforte del nuovo Presidato Farfense giunge, come una Dea, la
Santa Vergine Romana!
Ma al di qua
dell’Appennino le schiere nemiche marcano il passo innanzi alla
nuova barriera dello Stato farfense.
Come
i ricostruttori di Gerusalemme, che con le sinistre impugnavan le
spade e con le destre alzavano il muro, i Monaci, protetti – spesso
miracolosamente – da Santa Vittoria, dissodarono e civilizzarono il
Piceno, costellandolo d’Abbazie e di Paesi….
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