Cron.(1001-1300)

  • 1046 d.C.      I possessi farfensi alla morte dell’abate Suppone, si estendono grosso modo, per tutto il territorio delle odierne province di Ascoli Piceno e Macerata; il nucleo centrale del dominio è costituito da S.Vittoria, Montelparo, Force, Montefalcone; le truppe sono acquartierate a Perticara (era quasi certamente una zona verso Montefalcone, nel versante settentrionale). Montefalcone, per la sua posizione topografica era il baluardo dello Stato.
  • 1050 d.C.      La valle dell’Aso rappresenta il cuore degli insediamenti farfensi che fu quasi completamente controllata dai monaci di S.Vittoria; importante fu il monastero sull’Aso di S.Salvatore, associato nei documenti al possedimento farfense del castello di Force, il castello Furcie, così viene indicato nel diploma dell’imperatore Enrico III del 1050.
  • 1059 d.C.      Non ci risulta quanti fossero  monaci al primo sorgere di Farfa. Ci è noto però che nel 1059 ne erano cinquecento. (Anno domini 1059 quingenti extabant in coenabio farfensi). Il numero dei monaci nelle abbazie italiane era, in genere, proporzionato alla potenza e alla prosperità delle abbazie stesse. Nel periodo di suo maggior splendore Farfa possedeva 683 chiese, due città (Alatri e Centocelle), 5 gastadati, 132 castra, 16 oppida, 7 porti fra cui Pedaso, 8 curtes, 14 villae, 812 molini, 315 pagi.
  • 1103 d.C.     L'abbazia di Santa Vittoria controlla ancora parecchi centri urbani e moltissime “curtes” o aziende agricole nelle medie e alti valli del Tenna, dell'Aso e del Tronto. I pochi contratti rimasti documentano il miglioramento della condizione contadina promosso nella nostra zona dall'economia curtense dei farfensi e dei longobardi; come ad esempio quello stipulato nel 1103 tra il monastero di Santa Maria di Montepiano e un Ranieri di Bonanno ed i suoi eredi, ai quali vengono concesse terre “affinché le posseggano, le tengano, le lavorino, ne godano i frutti e le migliorino”; in cambio viene richiesto un versamento annuale, da farsi nell'ottava di Natale, di “quattro denari d'argento lucchesi buoni e brillanti, una spalla (di maiale salato), due pavoni e basta”.
  • 1118 d.C.      Il Castello di S. Vittoria si è già ingrandito; le case sono sorte quasi per incanto, i lavoratori dei dintorni vi accorrono e vi prendono dimora.
  • 1190 d.C.     Marcovaldo d’Anweiler, nominato Marchese di Ancona da Enrico VI, intraprende la violenta e sanguinaria conquista della Marca inferiore. L’abate Gentile, presente a S. Vittoria, gli tiene testa ed aiuta il vescovo di Fermo, Presbitero, meritando il plauso del Papa Celestino III.
  • 1200 d.C.      Le milizie di S.Vittoria e di Offida marciano contro i ghibellini di Ascoli, che miravano di ammettersi Offida, privando i farfensi di una loro solidissima fortificazione.
  • 1201 d.C.      Dopo il Mille, era comparso nelle aziende farfensi il contratto di “lavoraccio” o “lavorìo”, che più tardi prenderà il nome di mezzadria. Regolato dal “jus laboricii”, era una specie di associazione, in cui il proprietario metteva il terreno, l'abitazione per la famiglia colonica, le stalle, gli attrezzi e il bestiame; il colono doveva corrispondere la metà dei prodotti. Il più antico “scritto di colonìa” trovato a Santa Vittoria (che rivela come questo tipo di contratto fosse in uso già da tempo) è del 1201: “Io Cencio di Giovanni Guatta faccio questo patto con te Matteo Rollanni e i tuoi eredi, riguardo alla terra che mi hai affidato per coltivarvi la vigna e curare tutto ciò che è in essa. Prometto di darti metà dei frutti che potremo ricavare da detta terra e metà di tutto il legname...”
  • 1204 d.C.     Trattato d'armistizio tra Gentile e gli ascolani. Il Podestà di Ascoli, Rainaldo Morici giura di rispettare e salvare tutti gli uomini e le cose dell’abbazia farfense da S.Angelo in Montespino fino al mare. Con questo trattato si adombrano indirettamente i confini del “Presidato”: a) Lungo il Tenna: Verso Monte Monaco, Farfa aveva Propezzano, Isola S.Biagio, un monastero a S.Maria in Lapide. Pur non risultando chiara l’autorità di Farfa sull’Ambro e sull’abbazia dei Santi Vincenzo e Anastasio è certo che Castel Manardo fu possesso farfense. In territorio di Amandola vi erano varie chiese dipendenti da Farfa come S.Pietro in Castagna, S.Giovanni ed altre…Smerillo da una parte e Monte S.Martino dall’altra, erano, come Penna S.Giovanni, S.Angelo in Margullo (in Pontano) in gran parte dell’abbazia farfense, anche se non mancavano beni del vescovo di Fermo. Le popolazioni di Montelparo, Montefalcone, Smerillo, Monterinaldo, Ortezzano erano orientate verso il centro farfense di S.Vittoria.  Continuiamo a scendere lungo il Tenna: Belmonte e Falerone guardavano alla chiesa farfense di S.Maria in Muris; mentre la chiesa di S.Maria Mater Domini (oggi S.Marco di Ponzano) era il centro per le popolazioni del castelli di Giberto (Monte Giberto), di Ponzano, di Montebello (poi Cripta- Azolini), di Montottone, ove pure erano piccoli castelli farfensi. Dall’altra parte del fiume Tenna, S.Maria in Georgio era il principale riferimento farfense. Da questa parte Farfa aveva possedimenti a Magliano, Rapagnano, fino ad Alteta e Cerreto, Monsampietrangeli e Montegranaro, S.Giusto e S.Elpidio, fino al Chienti e a Morrovalle, Trodica e S.Maria a pié del Chienti…
    b) Lungo l’Aso: Comunanza, Montefalcone, Montelparo, Monterinaldo, Ortezzano, S.Proculo, Petritoli, Monterubbiano, Altidona, Pedaso, sono sorti, o risorti ad opera dei farfensi. Nell’alto corso, sulla destra, i possedimenti farfensi si estendevano oltre il bacino dell’Aso e abbracciavano tutto il corso del Fluvione, fino al Tronto, fino ad Ascoli… Force con i monasteri di S.Salvatore all’Aso e di S.Paolo, Montecchio e S.Salvatore, Rovetino, Rotella, Poggio, Capradosso e Polesio avevano al centro il Monastero di S.Lorenzo di Rotella; Montalto e Montedinove, Castignano e Ripaberarda, Porchia e Portella su Chiaro; Palmiano, Quinzano e Valle Venerea (con Venarotta, Venagrande e Venapiccola) e S.Maria in Solestà e S.Emidio d’Ascoli. Inoltre, anche se più difficilmente controllate: Montefiore e Massignano, Cossignano, Casturano, Ripatransone e Cupramarittima, Monteprandone, Acquaviva e Offida.
    Il Presidato o Diocesis nullius farfensis è, di fatto, una sorta di territorio franco, uno stato anarchico che si pone a cuscinetto tra lo Stato feudalesco di Fermo, quello oligarchico-popolareggiante di Ascoli e il sistema delle grandi baronie meridionali. L'originalità dell'organizzazione amministrativa, così come di quella territoriale e paesaggistica, deriva prevalentemente dal particolare assetto fondiario determinato dai farfensi in questa area, dai rapporti di produzione agricoli da essi instaurati e dalle conseguenti tradizioni contrattuali.
  • 1212 d.C.    L’Abate di Farfa concede ai sudditi dei possessi di S.Vittoria di “far comunanza”, perdendo con ciò parte del potere di controllo in temporalibus.
  • 1215 d.C.     La tradizione, in piena concordanza con la storia ed altre tradizioni relative alla vita di San Francesco, ricorda che nel 1215 il Santo, da Ascoli, diretto a Sarnano, passò a S.Vittoria, ove ebbe dall'abate Matteo la cessione della chiesina di S. Giovanni in Luogo di Sasso. Luogo di Sasso è il convento francescano tra Montefalcone e Smerillo. San Francesco nel 1215 certamente fu ad Ascoli, dove fu seguito da una trentina di giovani. Poi si diresse a Sarnano per la via di Force; tradizioni locali affermano che pernottò a Poggio Canoso; nell'ACaSV, è riportata la tradizione matenana del passaggio di San Francesco a S.Vittoria.
  • 1222 d.C.     I ghibellini, che specie dopo l’incoronazione di Federico II (1220) si sono fatti sempre più baldanzosi, distruggono il castello di Monte Radaldo, vicino a S.Vittoria, che da sette anni era sotto la protezione di Fermo.
  • 1229 d.C.     Il primo Podestà a S. Vittoria appare fin dal 1229; ed è un monaco benedettino.  Fino a quel momento la piccola comunità di fedeli, raccoltasi attorno alle venerate spoglie di S. Vittoria e attorno al monastero, era stata governata come una famiglia dal Monaco Syndicus incaricato di dirimere le piccole vertenze che potevano sorgere. Col 1229 quel syndicus ha “ufficialmente” il governo della cosa pubblica, col nome dell’epoca: Podestà.
  • 1236 d.C.     Il castello di S.Vittoria risulta essere fortificato con mura di cinta; all'ingresso della Porta S.Salvatore, nel 1236, l'abate Oderisio innalza la Torre di Palazzo in funzione di vedetta e di difesa: ricoprendo lui stesso la carica di Podestà acquistò una casa per adibirla a Palazzo Comunale.
  • 1237 d.C.    Si decretò la costruzione del Palazzo del Comune; due anni dopo era già compiuto.
  • 1242 d.C.      S. Vittoria, comune guelfo, è sconfitto dall’esercito di Federico II ed è gravato da pesanti taglie; con durissima resistenza riconquista la sua libertà nel 1248.
  • 1250 d.C.     Lo spirito di tolleranza del popolo vittoriese, la sua fedeltà alla sede apostolica, il privilegio del 1250 di poter accogliere gente da ogni parte, favorirono un fenomeno massiccio di immigrazione nel piccolo centro. Nella prima metà del secolo XIII erano stati i piccoli proprietari sparsi nel territorio circostante a domandare difesa al comune del Priore; nella seconda metà sono personalità del censo e della cultura, ufficiali della curia, giudici e avvocati che vengono a S.Vittoria, portando proprie ricchezze, esperienze ed idealità. Il Priore dèputa addirittura un monaco per l'assistenza spirituale dei forestieri nella chiesa della Trinità. Non appare mai nei documenti a quale partito appartengono. Al più si fa cenno se sono ebrei, come quel Ruggero Jonte che nel 1215 acquistò dall'abate Matteo il luogo di Sasso per donarlo a San Francesco.
    Abbiamo incontrato nei documenti molti immigrati di Falerone, Massa, Monte Rinaldo, Monte Granaro, Accumuli, Ascoli, Norcia, Spoleto, Foligno, Acquasparta, Amatrice, Firenze, Bologna, Pisa ed ora abitanti di S.Vittoria. A questi uomini di primo piano aggiungiamo tutti quelli che formavano il governo, qualche uomo d'armi per esercitare la gioventù nei tornei, e avremo un'idea di quello che poteva essere S.Vittoria nel sec. XIII.
  • 1257 d.C.     Mentre i comuni vicini di Montefalcone, Smerillo, Penna S. Giovanni e Monte S. Martino passano alla lega ghibellina, S.Vittoria risulta essere l'ultimo baluardo guelfo fedele al Papa, il quale, in segno di riconoscenza, concederà l'esenzione da ogni tributo.
  • 1262 d.C.     Papa Urbano IV, con sua bolla, mise l’Abbazia di S.Maria di Farfa sotto la protezione della Sede Apostolica e le concesse il privilegio “nullius dioecesis”, cioè Abbazia non soggetta ad alcun Vescovo, rafforzandola e rendendola in certo qual modo indipendente “in spiritualibus”. La nomina dell’Abate spettava alla Sede Apostolica.
    Per quanto riguarda i Comitati di Ascoli e di Fermo, la “Diocesis nullius Farfensis” estendeva la sua giurisdizione sulle seguenti chiese e territori: i castelli di Monte Cretaccio, Monterone, Monteprandone, Carro, Guardia e Olliano; il monastero di S.Maria di Sculcola, col porto, le colline e le chiese di sua pertinenza; i castelli di Sesto e Castorano; il monastero di S.Maria in Offida col castello e le chiese di sua pertinenza; i castelli di Cossignano, di Isola al Tesino, Porchia, Ripa, Monte, Monte Patrizio, Montedinove; Rotella col monastero di S. Lorenzo, Capradorso, Canosa, Ginestra e Rovetino con la pieve di S. Flaviano; Force col monastero di S. Salvatore in Aso e S.Salvatore di Quinzano; il castello di Montelparo con tutte le chiese di sua pertinenza e Campistrello; il monastero di Santa Vittoria col suo castello e pertinenze; il castello di Montefalcone con tutte le sue chiese; il castello di Settecarpini e la chiesa di S. Biagio in Teramo (Comunanza), San Giorgio all’Isola (Montemonaco); i monasteri di S. Maria in Pantana e S. Maria in Lapide con altre località di Montegallo e di Arquata; la chiesa di S. Maria in Muris di Belmonte; il monastero di S. Maria in Georgio (Montegiorgio) col castello e le chiese di sua pertinenza; il monastero di S. Maria a pié di Chienti (Montecosaro).
  • 1265 d.C.      Il primo tratto della via V.Taccari un tempo era detto “Pian S. Maria”. Infatti dal 1265 fino al 1825 vi era la chiesa di Santa Maria della Valle (parrocchiale per tutti gli abitanti che avevano possessi nella contrada della Valle verso l’Ete) che dal 1771 al 1793, durante la costruzione della nuova collegiata, accolse il Sarcofago di Santa Vittoria.
  • 1266 d.C.     Con la morte di Corradino terminò la dominazione sveva. Nel Piceno come in altre parti, riemerse il partito guelfo, rafforzando il potere dello Stato Ecclesiastico nelle mani del Rettore della Marca Anconetana. Questi, per l’amministrazione della giustizia aveva una sua Curia Generale con sede prima a Montolmo, poi a Macerata. Poiché detta sede risultava di difficile accesso alle popolazione più lontane, si ritenne opportuno istituire in tutta la Marca di Ancona tre circoscrizioni di carattere principalmente giudiziario. Non si conosce il documento istitutivo ma intorno al 1277-80 si rileva che nella Marca di Ancona già si amministrava la giustizia in tre “giudicature”: 1. Iudicatus Sancti Laurentii in Campo, a flumine Esino ultra usque ad parte Romandiole, comprendente la parte settentrionale della regione; in seguito fu detto “Presidato di S.Lorenzo in Campo”; 2. Iudicatus Camerini, Auximi, Macerate, Humane et Ancone, comprendente la parte centrale della regione; in seguito fu detto “Presidato di Camerino”;  3. Iudicatus a fluminibus Salini, Tenne et Tennaculae usque ad partes Regni, comprendente la parte meridionale della regione, confinante con l’Abruzzo; in seguito fu detto “Presidato della Abbazia di Farfa”, con sede a Santa Vittoria , diocesi di Fermo.
  • 1272 d.C.   Un gruppo di armati di S.Vittoria invase la Pieve di San Marco (Sorbelliano) e la saccheggiarono, bastonando e ferendo quelli che facevano resistenza, compreso il Pievano Grazia, di quel paese. Rovinarono case ed anche la pievana con le altre chiese del territorio, che erano sotto la giurisdizione del vescovo di Fermo. Questa ferocia dei cittadini vittoriesi è una novità che ci sbalordisce, perché S.Vittoria era una nobile e pacifica città, che aveva sempre preferito la diplomazia alle armi; e non conosciamo i motivi di questo atto vandalico, che pure dovevano esserci e gravi. Forse alla base di tutto c'era il Castellare di San Gualtiero, che era nella valle del Tenna, proprio ai confini ed agognato da tutti e due. Tale Castellare apparteneva a S.Vittoria, il sindaco ogni anno ne rinnovava la presa di possesso; ma sembra che quell'anno i sorbelliani avessero tentato di asportare le reliquie del Santo, confidando col vescovo.

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