"Non
si quistiona però cosi, che Trebula Mutusca l'onore abbia avuto di
ricevere nel suo seno le due sante sorelle Vittoria ed Anatolia,
d'essere stata santificata dalla di loro beata conversazione, e del
sangue bagnata della prima di esse, che ve lo sparse gloriosamente
per la fede nel Salvatore. Nate in Roma erano esse di nobil famiglia,
e probabilmente, come alcuni vogliono, da quella notissìma de'
Frangipani. Lor malgrado sposate, 1'una cioè Vittoria ad Eugenio, ed
Anatolia ad Aurelio, l'impegno, in cui erano di viver caste, siccome
a Dio promesso avevano, e la singolar pietà della loro vita, 1'odio
le conciliò degli Sposi non solo, ma dello stesso Imperator Decio.
Anatolia in questa tribolazione ebbe, non sappiamo come, il comodo di
ritirarli, e qua e là scorrendo penetrare colla sua carità in molti
luoghi della Sabina, e fin nel Piceno, ove fece preda di anime a
Cristo, e molte memorie dovunque lasciò dell'ammirabile di lei zelo.
Ma fatto ritorno in Roma, e nell'intrapreso sistema costantemente
ambedue le sorelle continuando, furono d'ordine del Preside mandate
in luogo di esilio nelle pertinenze, che i respettivi Sposi avevano,
Vittoria cioè in Trebula Mutusca, ed Anatolia in Tora. L'esilio, e
gli molti incomodi, che vi soffrivano, fino a patire di fame e sete,
e delle cose alla vita, non già nobile e delicata, ma comune ed
ordinaria le più necessarie, punto non rallentò l'ardore, in cui
erano, di vivere solamente a Cristo, e di acquistargli adoratori;
perilchè l' accompagnò ancora la Divina Onnipotenza con strepitosi
miracoli. Quindi, raccolte avendo Vittoria un gran numero di Vergini
a Dio consacrate, e vanamente con replicate prove, e pene tentata,
perché abbandonata la Fede e quel suo tenor di vivere, agl'Idoli
sacrificasse, le fu nel dì 23 Dicembre ad istanza di Eugenio di lei
Sposo, e per comando del Preside, in Trebula stessa crudelmente con
un ferro trapassato il petto. Quivi diedero i cristiani suoi devoti
onorevole sepoltura alle di lei sagre spoglie, e vi fu poi da Dodone
Vescovo di Rieti innalzato un Tempio di concorso e venerazione
grande. Anatolia da noi lasciata nel suo esilio di Tora, ed in mezzo
ad angustie niente minori di quelle, che (offrire facevansi a
Vittoria di lei sorella in Trebula), dello stesso spirito di
costanza, e di carità essendo animata, mirabilmente superate avendo
diverse pene, che per rimuoverla dal santo impegno preparate le
vennero dal Giudice Faustiniano, con ajuto celeste liberata da un
orribile serpente, e convertito alla Fede il suo medesimo custode
Audace , nel mentre orava colle mani al cielo elevate, trapassata
anch'essa nel petto, la seguì nella corona il dì 9. Luglio. Audace
nel giorno medesimo preso ed incarcerato, unì ad una gloriosa
confezione una beata morte, il suo capo intrepidamente lasciando sul
palco per la Fede di Gesù Cristo."
(Sabina
Sagra e Profana Antica e Moderna, MDCCXC)
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