giovedì 18 aprile 2013


"Non si quistiona però cosi, che Trebula Mutusca l'onore abbia avuto di ricevere nel suo seno le due sante sorelle Vittoria ed Anatolia, d'essere stata santificata dalla di loro beata conversazione, e del sangue bagnata della prima di esse, che ve lo sparse gloriosamente per la fede nel Salvatore. Nate in Roma erano esse di nobil famiglia, e probabilmente, come alcuni vogliono, da quella notissìma de' Frangipani. Lor malgrado sposate, 1'una cioè Vittoria ad Eugenio, ed Anatolia ad Aurelio, l'impegno, in cui erano di viver caste, siccome a Dio promesso avevano, e la singolar pietà della loro vita, 1'odio le conciliò degli Sposi non solo, ma dello stesso Imperator Decio. Anatolia in questa tribolazione ebbe, non sappiamo come, il comodo di ritirarli, e qua e là scorrendo penetrare colla sua carità in molti luoghi della Sabina, e fin nel Piceno, ove fece preda di anime a Cristo, e molte memorie dovunque lasciò dell'ammirabile di lei zelo. Ma fatto ritorno in Roma, e nell'intrapreso sistema costantemente ambedue le sorelle continuando, furono d'ordine del Preside mandate in luogo di esilio nelle pertinenze, che i respettivi Sposi avevano, Vittoria cioè in Trebula Mutusca, ed Anatolia in Tora. L'esilio, e gli molti incomodi, che vi soffrivano, fino a patire di fame e sete, e delle cose alla vita, non già nobile e delicata, ma comune ed ordinaria le più necessarie, punto non rallentò l'ardore, in cui erano, di vivere solamente a Cristo, e di acquistargli adoratori; perilchè l' accompagnò ancora la Divina Onnipotenza con strepitosi miracoli. Quindi, raccolte avendo Vittoria un gran numero di Vergini a Dio consacrate, e vanamente con replicate prove, e pene tentata, perché abbandonata la Fede e quel suo tenor di vivere, agl'Idoli sacrificasse, le fu nel dì 23 Dicembre ad istanza di Eugenio di lei Sposo, e per comando del Preside, in Trebula stessa crudelmente con un ferro trapassato il petto. Quivi diedero i cristiani suoi devoti onorevole sepoltura alle di lei sagre spoglie, e vi fu poi da Dodone Vescovo di Rieti innalzato un Tempio di concorso e venerazione grande. Anatolia da noi lasciata nel suo esilio di Tora, ed in mezzo ad angustie niente minori di quelle, che (offrire facevansi a Vittoria di lei sorella in Trebula), dello stesso spirito di costanza, e di carità essendo animata, mirabilmente superate avendo diverse pene, che per rimuoverla dal santo impegno preparate le vennero dal Giudice Faustiniano, con ajuto celeste liberata da un orribile serpente, e convertito alla Fede il suo medesimo custode Audace , nel mentre orava colle mani al cielo elevate, trapassata anch'essa nel petto, la seguì nella corona il dì 9. Luglio. Audace nel giorno medesimo preso ed incarcerato, unì ad una gloriosa confezione una beata morte, il suo capo intrepidamente lasciando sul palco per la Fede di Gesù Cristo."

(Sabina Sagra e Profana Antica e Moderna, MDCCXC)