venerdì 20 giugno 2014


20 GIUGNO...

Si, lo so che non c'è bisogno di scrivere niente... che è stato già detto tutto perché non c'è Santavittoriese vero che non conosca l'importanza di questa data!!
Ma lo scopo di questo mio modesto blog è anche quello di far conoscere la nostra storia a tutti coloro che non sono Matenani DOC!!! Ma che magari in un modo o nell'altro hanno un qualche interesse per la nostra storia.

COSA FESTEGGIAMO IL 20 GIUGNO ?
I predoni saraceni che con le loro scorrerie infestavano la Sabina sin dal febbraio 877, si spinsero fino a Roma e assediarono l'Imperiale Abbazia di Fara, tra le più potenti e ricche d'Italia. Tanto splendore e magnificenza e la speranza d’un facile bottino lusingarono l’ingordigia dei saraceni, che tentarono più volte di assalire il monastero. Ma Pietro I, che era stato posto al governo dell'Abbazia da alcuni mesi, raccolto l’esercito li tenne a bada per parecchi anni, finché, stretto sempre più all’intorno, dové sottrarsi all’eccidio con la ritirata. Divisi dunque i monaci in tre gruppi, fece altrettante parti del tesoro farfensi, ed una ne assicurò a Roma, un’altra a Rieti, la terza, con tutte le carte e i codici dell’archivio, tenne presso di sé, quando successivamente si ritrasse nel monastero di sant’Ippolito indi in quello di san Giovanni in Selva, nel Comitato Fermano. Prima d’abbandonare definitivamente Farfa, volle però tentare con le milizie l’ultima prova, e sotterrato tutto il mobilio prezioso, perché non poteva essere facilmente trasportato, resistette ancora per qualche tempo finché verso i primi mesi del 898 gli Infedeli penetrarono vincitori nella deserta Badia.
Non tardarono ad arrivare voci di scorrerie arabe anche al di qua dei monti, per cui l’abate Pietro, convocati i monaci, i vassalli, gli enfiteuti, i lavoratori della terra, decide di costruire un torrione-oratorio sul Matenano a difesa delle scorrerie saracene…. Il torrione-castello-oratorio di Pietro, rimase in piedi fino al 1771. A questo oratorio diede il titolo di S. Maria in ricordo della splendida abbazia di S. Maria Savinese abbandonata sul colle Acuziano.
Il castello sul Matenano, per quanto sorto sotto l’urgenza di organizzare una difesa dei monaci Farfensi del Fermano contro gli attacchi dei Saraceni, si caratterizzò poi sempre più, nel corso del secolo X, come centro di coordinamento dei possessi fondiari dell’abbazia nella regione; come risposta, dunque, ad una esigenza di accentramento su larga scala di determinate funzioni amministrative.
Risulta dalle fonti documentarie che le entrature affluissero a Santa Vittoria da un’ampia area della marca fermana, ivi comprese alcune zone del comitato Aprutino (allora facente parte della marca stessa). Il primo ciclo di entrature dovette servire a finanziare le opere di fortificazione sul Matenano nonché la costruzione della chiesa abbaziale di S. Vittoria.
Nel 915 i duchi di Napoli e di Gaeta stretti in lega con papa Giovanni X e con Alberico duca di Spoleto, sulle rive del fiume Garigliano distrussero l’esercito saraceno, che finalmente snidò d’Italia. Lassù a Santa Vittoria era ancora in vita Pietro I, il cui cuore sussultò di gioia all’annunzio di quel trionfo; l’incertezza tuttavia della cosa pubblica lo distolse dall’affrettare per allora il ritorno all’antico nido, che invece doveva essere l’opera del successore. L'abate Pietro infatti, dopo circa trent'anni di glorioso governo, muore nel 919 sul Matenano, nel castello da lui fatto costruire e sepolto dell'oratorio di S. Maria.
Nel 929 viene eletto abate Ratfredo, definito nei testi storici “vis nobili” in quanto parente di re Ugo di Borgogna. Appare come organizzatore capace e pratico; i documenti lo dicono versato più nei negozi secolari che non nella scienza di Dio, e quasi sicuramente non era nemmeno monaco. Fu lui che nel 932, radunate cento famiglie marchigiane, tornò nella Sabina, e cominciò a rifabbricare l’antico già distrutto monastero Farfense. E in glorioso compenso della perdita che faceva il luogo fabbricato per la sicurezza dei monaci nella vetta del Monte Matenano della residenza degli abati Farfensi, vi trasferì il corpo di Santa Vittoria V. e M. e colmò quel luogo di beneficenze e di privilegi. Una serie di circostanze avevano creato un secondo baluardo farfense al di qua degli Appennini. L'invasione dei saraceni aveva anche dimostrato la grande utilità che Farfa poteva ripromettersi da una seconda sede ugualmente munita e ricca coma la prima. Prima che nell'animo dei suoi svanisse la nostalgia nata dal soggiorno sul Matenano, pose mano alla colossale costruzione d'un vasto monastero, dove Pietro aveva eretto il suo primo maniero. E perché la potenza politica non gli facesse perder di vista anche l’ascendente religioso che il Monastero esercitava sul cuore dei popoli, dispose che il nuovo edificio badiale fosse ad un tempo la barriera inespugnabile dello stato farfense nel Piceno, e una specie di santuario venerato dalle turbe dei devoti: un vero focolare di liete idealità religiose per tutta la contrada picena.
Dopo circa due anni di duro lavoro, un corteo di monaci, milizie e di popolo, affrontarono il viaggio di ritorno verso il Matenano, portando con loro le sante reliquie della Vergine Romana Vittoria. Era il 20 giugno del 934 quando il corteo giunse in cima all'Oratorio farfense e il Corpo di S.Vittoria venne deposto nella Cripta.